mercoledì 26 ottobre 2011

Alcuni strani collegamenti tra il futuro, Studenti.it e il fatto di spaccare vetrine

Ormai non sono più studentessa da un paio d'anni, e da molti di più non appartengo alla fascia d'età degli studenti che frequentano il sito Studenti.it, quindi può essere che non capisca, che abbia le traveggole o che mi faccia semplicemente trascinare da un accesso di rabbia precaria.
Tuttavia, dopo aver dato un'occhiata all'ultima newsletter del sito ho avuto come uno strano prurito, come una voglia di spaccar vetrine. E se è successo a me, che sono una ventisettenne anemica, non oso immaginare come possano sentirsi un ragazzo o una ragazza nel pieno dei loro diciassette anni.

Sì, perché quando un sito che propone serissimi sondaggi sulla condizione sociale dei giovani in Italia, che offre innumerevoli servizi di orientamento al lavoro e che pubblica costantemente offerte di impiego, spiega senza un filo di ironia che tra le dieci professioni del futuro ci sono il "fashion feng shui" e lo "psicologo canino" beh...il dubbio di essere presi per il culo penso che sorga più che legittimamente. E anche una certa ansia per l'arrivo imminente di questo benedetto futuro.

Nella Gallery di Studenti.it - non so perché, ma i cosiddetti "lavori del futuro" sono pubblicati una gallery fotografica - compaiono, oltre a quelle citate sopra, professioni quali il compcierge, il soul coach o il pararescuer. Quest'ultima sarebbe una figura professionale che si occupa di fornire aiuto in caso di calamità naturali o guerre.

Insomma, il futuro di Studenti.it appartiene a una civiltà le cui redini sono tenute da personaggi che dormono in alberghi di lusso, risiedono in appartamenti in linea con le raccomandazioni del taoismo, convivono con cani che devono possedere un solido equilibrio psichico e, nel loro tempo libero, hanno bisogno di un coach per l'anima. Tutto questo mentre all'esterno infuriano la guerra e il tracollo ambientale e le imprese - o i singoli ricconi - fanno la fila per assumere professionisti in grado di trarre in salvo i loro impiegati e le loro proprietà. Penso che un po' di nervosismo, dopo un simile quadro, sia del tutto comprensibile.

Dei meravigliosi consigli che Studenti.it infligge ai suoi giovani lettori avevo già parlato qui.

venerdì 21 ottobre 2011

Cari amici disoccupati, vi sono mancata?

Non temete, vi sto salutando dal ciglio della buca in cui vi trovate. Fra poco, con ogni probabilità, sarò di nuovo con voi, a grattare con le unghie le pareti fangose della gigantesca, profondissima trappola per animali in cui siamo finiti, e a rosicchiare i viveri che ci lanciano da lassù. Il mio capo, infatti, sembra non sapere che farsene di una cassiera-lavapiatti-sgobbatrice generica, dato che ha bisogno di un cuoco, e non saprei proprio come dargli torto. Peccato che nel frattempo sublimi la frustrazione prendendo a calci le padelle e rendendo il lavoro un inferno a me a ai due ragazzi pakistani con cui condivido la sfiga.

Quandò risiederò di nuovo lì tra voi, lontana dal sole dell'indipendenza economica, dovrò tornare a tamburellarmi sulle tempie alla ricerca di qualche fonte da cui spremere un po' di denaro. Le soluzioni che mi vengono al momento sono poche: vendere illegalmente crostatine fatte in casa per strada - idea che mi frulla in testa da un po', non fosse che ho paura dei tribunali -, cucire mutande artistiche da spacciare come originalissimi regali di Natale oppure andare a fare le pulizie. Restano i mille lavoretti via web, quelli a cui ora dedico i ritagli di tempo e i ritagli delle mie speranze.

"Inventiamoci qualcosa" mi dice il disoccupato accanto a me. Io direi che, più che inventare, qua occorrerebbe imparare da quei leggiadri circensi che si vedono in tv d'estate, e costruire delle piramidi umane in grado di suparare l'enorme distanza tra il pavimento della buca e la superficie. Una volta lassù i primi che escono potrebbero lanciare delle funi agli altri, e farli uscire uno ad uno. Sarebbe bello, poi, ricoprire questa maledetta buca, buttandoci dentro le macerie di quello che - nella furia della vendetta - distruggeremo.

Magari ecco, possibilmente senza che ci finiscano in mezzo le dita di un ragazzo, o le primavere di un altro, trascorse tra il carcere e il tribunale ad un'età in cui la responsabilità non è proprio tutta tua.

Per il resto, sul 15O si è già detto tutto qui.

lunedì 10 ottobre 2011

Defeticizzare la pizza da asporto

Per A, l’amico che lavora con me, il sabato e la domenica sono giorni di riposo. Questo nonostante comunque trascorra in pizzeria – tra preparazioni, consegne e pulizie – circa sette ore. Durante i giorni “feriali” lavora dodici ore al giorno in cambio di ottocento euro al mese e di un contratto regolare, che gli ha dato la possibilità di volare in Pakistan per qualche settimana con in tasca un permesso di soggiorno. Non tornava a casa da sei anni. Ora è talmente pieno di debiti che non può ricomprare i vestiti che i suoi vecchi padroni di casa hanno buttato nella spazzatura, dopo aver sfrattato lui e i suoi quattro coinquilini dal bilocale in cui abitavano. Alla fine di ogni serata calda di questa lunga coda d’estate ringraziava Allah, per avergli concesso di non congelare mentre sfrecciava in motorino per le strade di Bologna

Ogni giorno che passa i suoi capelli sono più bianchi. A quanto pare due lauree e sei lingue non bastano a staccarsi da quel maledetto motorino e a trovare un lavoro al chiuso, al caldo. Dice che quando i clienti pagano con un biglietto da cinquanta euro aspettano di ricevere il resto prima di allungargli la banconota, e a volte, facendo finta di niente, cercano persino chiudergli la porta in faccia senza dargliela.

Io sono fortunata, non ho debiti e posso mettermi in tasca tutto quello che arriva. Sei euro l’ora. Quando ho visto la prima paga settimanale non ci credevo. Nell’altra pizzeria in cui ho lavorato – non ho resistito più di qualche giorno – prendevo esattamente la metà, in nero. I ragazzi che lavoravano con me erano tutti clandestini tranne uno, un rifugiato, scappato dall’Iran quando aveva quindici anni. Siccome avevo studiato il persiano mi aveva presa in simpatia e correva ad aiutarmi ogni volta che mi incasinavo con la cassa. Il padrone invece, quello stronzo, era egiziano e credo ci godesse non poco a sottopagare un’italiana.

R., il ragazzo iraniano, una volta si era schiantato talmente forte contro un bidone della spazzatura che il suo casco si era spaccato a metà. Lui non era religioso, e diceva semplicemente di aver avuto culo.

C’è qualcosa di strano nelle decine di pizzerie da asporto di questa città. Aprono, chiudono, cambiano nome, e l’umanità che le fa tirare avanti è sempre la stessa, si sposta da una all’altra, fluendo, senza che nulla, nel continuum di cibo che viaggia a settanta all’ora per la città, si interrompa. Nemmeno una vibrazione, un tremolio di incertezza, giunge su quelle migliaia di bocche affamate.

Stay foolish, diceva quello là. Stay hungry.

martedì 4 ottobre 2011

Ma Barletta dov'è?

Una delle cose più incredibili del capitalismo è che si tratta di un sistema economico fondato sulle capacità di rimozione dell'essere umano. Pensando di essere consumatori, rimuoviamo il fatto di essere anche, dal momento che di norma lavoriamo, produttori. E poiché, come scriveva Wu Ming 1, "Il consumatore è l’ultimo anello della catena distributiva, non il primo della catena produttiva", quando ci consideriamo consumatori accettiamo di posizionarci al termine di un processo, in fondo alle cose, nel punto in cui non c'è più niente da fare e ogni azione è, nel migliore dei casi, un lontano brusio che non infastidisce le orecchie che vorrebbe assordare.

In cambio riceviamo l'illusione di non trovarci invece all'altro capo del tragitto, insieme ai Cinesi che assemblano cellulari in enormi fabbriche-città, o agli Indonesiani che cuciono magliette per 14 ore al giorno. L'Oriente produce - i paesi poveri producono -, mentre noi, che siamo ricchi, consumiamo. Quanto è consolatoria questa barzelletta, quanto ci fa sentire al sicuro nel nostro porticciolo alla fine della storia. Quanto ci è cara, per il fatto che ci da la possibilità di continuare ad essere Noi e Loro, lontani su due gradini diversi del podio.

Il consumatore è un individuo che si osserva attraverso una lente di ingrandimento - la lente che il capitalismo gli ha messo davanti agli occhi -, e che per questo pensa di essere, come individuo, pienamente capace di incidere politicamente. E' un farfugliare da ubriachi, che regala enormi vantaggi a chi questo sistema lo comanda per davvero, mentre a noi lascia soltanto lo straniamento un po' euforico di una boccata di popper.

Qui e qui si possono trovare pezzi dell'ennesima storia orrenda, con le operaie uccise mentre lavoravano per meno di 4 euro l'ora in nero. Se non sapete dov'è Barletta, cercatevela su Maps.

Qui potete trovare un post la cui relativa discussione è immediatamente sfociata nel nulla siderale.

Capirai, io ho lavorato anche per meno.

D'ora in poi boicotterò i maglioni.

Niente da aggiungere

domenica 2 ottobre 2011

Anche i lavoratori tra gli occupanti di Wall Street. E per l'1% inizia a mettersi male.

Il TWU è il sindacato americano dei lavoratori dei trasporti, quello che alcuni anni fa aveva organizzato uno sciopero in grado di paralizzare la città di New York, fatto che non accadeva da 25 anni. Ora il membri del TWU, 38.000 solo a New York, hanno votato per sostenere l'occupazione di Wall Street, che prosegue da più di due settimane. Martedì alla protesta si erano aggiunti 700 piloti, in maggioranza delle compagnie Continental e United Airlines, che hanno sfilato in uniforme per le strade del distretto finanziario. Sembra che presto anche l'UAW, il sindacato degli operai dell'auto, esprimerà ufficialmente il suo sostegno.
Il mondo del lavoro si unisce alla protesta di piazza, e mai New York è stata più vicina a Il Cairo: come dimostra il caso egiziano, anche nell'epoca dei "beni immateriali" e della finanziarizzazione dell'economia sono i lavoratori l'unico fattore che può far cambiare passo a un'iniziativa politica di cambiamento, dandole il peso e la forza necessari per portare avanti le sue istanze.
Sono prima di tutto i lavoratori stessi a doversi ripensare come forza in grado di agire e di imporre la sua agenda. Marchionne e quelli come lui sono dei venditori di fumo, il cui unico potere è affondare la nave su cui viaggiano per poi saltare su una scialuppa all'ultimo momento, e magari svignarsela alle Cayman. Loro sono l'1% dell'Occidente, lo 0,14% del mondo.
Come dicevano i Wobblies, ancora tra i primi ad appoggiare l'occupazione di Wall Street:
We have been naught - We shall be All!