martedì 10 gennaio 2012

Pizzaioli sull'orlo di una crisi (di nervi)

Un paio di giorni fa ho saputo che il mio amico pizzaboy - quello che profetizzava un bellissimo 2012 - ha perso il lavoro. Il suo nuovo capo ha approfittato di una litigata tra colleghi per cacciarlo, ma la verità è che gli affari sono calati drasticamente, e gli serviva una scusa per tagliare sul personale.

Il mio amico non può permettersi nemmeno un giorno di pausa, per riflettere. Dopo tre giorni di disoccupazione è completamente senza un soldo, strozzato dai debiti. Persino ai suoi occhi così portati all'ottimismo l'Italia appare ormai un paese da cui non aspettarsi più nulla. Vorrebbe tornare in Pakistan, ma non ha nessuna possibilità di procurarsi i soldi per il viaggio. Ora quando scende la sera fa il giro delle pizzerie - come i tanti che arrivano in quella in cui lavoro io - confidando di trovarne una a cui serva un tappabuchi. Non sopporta più di andare in giro al freddo, senza patente e senza assicurazione, rischiando continuamente la pelle, il permesso di soggiorno e l'unico oggetto di valore in suo possesso, ovvero il motorino. Ma non trova nient'altro.

Da me, nel frattempo, ci si prepara per il contraccolpo dovuto all'aumento dei prezzi. Ci si prepara psicologicamente, perché materialmente è impossibile. Il nuovo menù vedrà aumenti anche del 15%, indispensabili per ammortizzare quelli dell'IVA, delle bollette e delle forniture. Dopo il lungo letargo delle feste, le entrate stentano a ritornare sui livelli di un mese fa e il boss si fa sempre più paranoico, riversando il suo nervosismo su tutti noi dipendenti. Immaginate lo stesso quadretto, fotocopiato per centinaia di piccole attività in ogni città.

Il cuoco, che è quello che passa più tempo a contatto con il capo (che è cuoco a sua volta), finisce per rintanarsi spesso in un cupo silenzio, pieno di frustrazione. Vive con la sua ragazza, che è attualmente disoccupata e quando lavora è solo per brevissimi periodi, come commessa. Lui odia fare il cuoco. E' un mestiere molto faticoso, difficile e stressante, ed è un grossissimo impegno reggerlo a pranzo e a cena, sei giorni su sette. Io non ce la farei mai. Come il mio amico pizzaboy, però, anche lui tira dritto per quella via, che è l'unica che gli si apre davanti agli occhi per quanto si sforzi di aguzzare la vista. Anche lui spesso non riesce a dormire. Ha più o meno la mia età, e la mia impressione è che sia talmente preso dalla necessità di boccheggiare pochi centimetri sopra la superficie, da non riuscire nemmeno a visualizzare l'enorme profondità sotto ai suoi piedi, e le sterminate distanze che si aprono in ogni direzione, affollate di persone come lui.

All'altro capo del telefono, ogni mattina chiamano le stesse impiegate di assicurazioni, banche, finanziarie. La loro voce è morbida, rassicurante, convincente, come dev'essere d'ufficio la voce di chi ha a che fare coi soldi. Ma man mano che passa il tempo i loro pranzi si fanno sempre più magri.

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