sabato 17 dicembre 2011

La mancia

La Signora C. telefona nella pizzeria in cui lavoro un paio di volte a settimana e ordina sempre un primo e un secondo. Abita in una bella casa, in una zona residenziale molto quotata. Almeno così mi hanno detto, io non l'ho mai vista. Questa signora lascia sempre il resto di mancia, e il suo resto di solito non è meno di sette euro. Chi va a consegnare a casa sua non viene scelto a caso: il mio capo manda da lei il dipendente che si trova in maggiori difficoltà economiche, il quale di solito investe immediatamente il denaro extra alla prima pompa di benzina. Io vorrei dirlo al boss che se i suoi fattorini sono così poveri da non avere i soldi per un pieno dipende dal fatto che non sono pagati abbastanza. Ma poi mi taccio perché il sindacalismo, ancorché di base, in un simile ambiente non è proprio contemplato.

Ho sempre trovato la mancia una pratica barbara, tipica dei paesi del neoliberismo più spinto e dell'informalità più misera (che poi sono la stessa parola in due contesti diversi); un modo per sgravare il padrone dai suoi oneri nei confronti dei dipendenti, facendoli ricadere sul cliente. Eppure quando mi capita di fare qualche consegna in bici o di corsa nei dintorni della pizzeria - con il freddo, l'odore di fritto e i conti da tenere a mente che non mi si staccano di dosso un secondo - mi capita di borbottare tra i denti non pochi improperi contro gli spilorci che non mi sganciano neanche una monetina dorata. Mi viene da rinfacciargli il loro denaro speso tanto alla leggera, sperperato in pizze costose e piatti di pesce. La prossima volta dalla Signora C ci vado io.

Poi torno in me e penso che di quegli spiccioli non ne ho davvero bisogno, a differenza dei miei colleghi. Che mi regalerebbero solo la demente soddisfazione di un guadagno in apparenza emancipato dalla tasca del padrone. Così me ne torno in pizzeria ribadendo alla me stessa di un attimo prima - immemore dell'ingiustizia costitutiva del capitalismo - "plusvalore, plusvalore, plusvalore...".

3 commenti:

  1. da quando ho fatto la cameriera la mancia la lascio sempre, la vedo come una solidarietà di classe e, quindi, a pensarci, il tuo discorso ci rientra... però la mancia la continuerò a lasciare lo stesso che, oltre i discorsi, c'è pur sempre il freddo, e l'odore di fritto, e le mani screpolate

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  2. "Camerieri e inservienti di negozio vi guardavano in faccia e vi trattavano alla pari. Forme servili o anche soltanto cerimoniose del parlare erano scomparse. [...] Qualsiasi mancia era proibita dalla legge; la mia prima esperienza, o quasi, fu la lezione ricevuta dal direttore di un albergo perché avevo cercato di dare la mancia al ragazzo dell'ascensore" - George Orwell, 'Omaggio alla Catalogna'

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  3. Ciao n.d.f e Don Cave :)
    Oggi uno dei fattorini con cui lavoro parlava proprio di questo:diceva che con le mance riesce a mettere insieme più o meno 200 euro al mese,che è poi quello che spende in benzina.Non so come sia altrove,ma qui a Bologna la benzina è a carico dei fattorini e ormai quasi ovunque la consegna è gratuita.Senza le mance una bella fetta dello stipendio servirebbe a quello.
    Come dici tu n.d.f., oltre ai discorsi c'è la realtà delle circostanze.E poi cinquanta centesimi in più non cambiano davvero nulla.

    Splendida la citazione di Don Cave,e calza davvero a pennello.

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