martedì 3 gennaio 2012

Qualcosa di meglio

Oggi avrei dovuto ricominciare a lavorare in pizzeria. Peccato che ieri, mentre mi trovavo già a Genova con valigie al seguito, il boss mi abbia telefonato per dirmi di non presentarmi fino a sabato. Non c'è lavoro, ha detto con il suo consueto trivellare di giustificazioni, di panzane e di cliché autocommiseranti. Mi ha tenuta al telefono dieci minuti per dare l'impressione di tenerci a me, ma in realtà blaterando a raffica per impedirmi di parlare. Tra le sue consuete frasi di rito ha infilato un vigliacchissimo "Se trovi qualcosa di meglio, ti capisco e ti auguro ogni bene".

Secondo te, gli avrei volentieri detto, se riuscissi a trovare qualcosa di meglio starei a sgobbare senza ferie, senza malattia, sette giorni su sette, senza nemmeno orari fissi e alle dipendenze di un coglione per racimolare cinquecento euro al mese? Lavorerei il giorno di Natale per mettere insieme orrendi articoletti promozionali in cambio di pochi spiccioli?

In una città in cui la disoccupazione è aumentata del 75% in cinque anni, quello del mio capo non è un augurio, e neanche un invito: è una presa per il culo.

Qualcosa di meglio: bella formula del cazzo. Tradotta in inglese, sembra un titolo uscito direttamente dagli anni '80, capace di stuzzicare la voglia di eterna gioventù di una cultura già sfracellatasi contro la crisi, che barcolla dopo l'impatto un attimo prima di perdere i sensi. Rinnovarsi, reinventarsi, cambiare, cercare il meglio, trovare la propria strada. Tutti sinonimi per raccontare il cittadino autocentrato, determinato a perseguire la sua realizzazione, consumatore di beni tra cui si trova anche il lavoro. Il lavoro è una merce, e quindi se non ti soddisfa cambia fornitore.

Torno a casa, controllo la mail. Un tizio spagnolo per conto del quale gestivo un forum online mi ha scritto della possibilità di riprendere il lavoro. Chissà se mi ha risposto, chissà se mi propone...



2 commenti:

  1. Sono un tuo "compagno di sventura", con un dottorato che non mi serve a nulla. Almeno, quando faccio il caffé e lo servo ai clienti, non mi è mai stato chiesto che studi abbia fatto... Ti capisco. Teniamo duro.

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  2. Ciao Domenico! Eh bisogna tenere duro, ma anche stare all'erta e darsi da fare. C'è molto da fare per cambiare le cose. Lo dico prima di tutto a me stessa, dato che mi trovo in un momento di totale scazzo politico e di scoramento.

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