Il presidio fornisce certamente un punto di osservazione privilegiato sulla città e sul nostro presente in generale. Davanti alla scalinata della Sala Borsa si può incontrare ogni genere di passante, ma non si tratta solo di uno snodo per il movimento: è anche uno snodo simbolico, luogo dove si svolgono le celebrazioni e le feste, in cui si esprimono nella forma più compiuta molti dei rapporti di forza che attraversano la società. Possiamo scorgere il braccio di ferro tra istituzioni e associazioni di categoria, tra grandi aziende e cittadini comuni, tra il più povero dei poveri e tutti gli altri. In questi primi otto giorni qui davanti è passata l'umanità più varia, e abbiamo potuto sbirciare il modo in cui ciascuno si rapporta con la società e la città, nella sua rappresentazione più classica: la piazza. Seguendo il consiglio di Luca, ho fatto delle lunghe ore trascorse al presidio un'esperienza antropologica.
Gli anziani bolognesi o quelli che vivono qui da molti decenni, solitamente camminano a testa alta e con il passo sicuro di chi in qualche modo ha già la propria riga nei libri di storia. I migranti liberi dal lavoro si radunano in capannelli per discutere e mangiare insieme, ritrovando i propri compaesani. Ricreano in piazza un pezzetto del loro paese d'origine. Oppure passano veloci nelle prime luci del mattino, per scomparire nelle cucine dei bar del centro. I ragazzi molto giovani invece attraversano la piazza a torme, guardandosi l'un l'altro per darsi sicurezza, senza riuscire a trovare un posto tutto per loro.
Quelli che hanno i problemi più grossi, a volte, non possono accontentarsi del selciato della piazza e devono salire più in alto. Arrampicarsi sulla statua del Nettuno e restare lì fin quando qualcuno non li viene a prendere, per esempio. Da quando siamo qui, c'è un uomo che ha compiuto quest'impresa due volte. Non ha mai dormito al presidio né ha partecipato a un'assemblea, però è passato, come molti altri. E' un caso che abbia scelto questa strana modalità espressiva proprio adesso che ci siamo noi? Non sarà che il nostro presidio, anche in quella che alcuni anni fa si chiamava psico-geografia, ha davvero scombinato le carte in tavola?
Rispetto al primo episodio che ha avuto come protagonista l'arrampicatore di statue, la situazione è molto più serena. Il tizio è vestito, e non più in mutande come la prima volta. Ha un megafono, segno evidente della sua volontà di esprimersi, piuttosto che di farsi del male. Le forze dell'ordine si avvicinano senza fretta, e solo dopo più di mezz'ora la zona intorno alla fontana viene cintata ed evacuata. Attorno al monumento o nelle immediate vicinanze, le persone ridono, riprendono con i cellulari, invitano l'arrampicato a buttarsi. Persino noi, che ci sentiamo perseguitati, ci lasciamo scappare qualche risata.
Peccato che questo sia anche il giorno in cui la Madonna di San Luca, seguita da un'affollatissima processione, scende dal santuario sui colli e giunge nella cattedrale cittadina, all'inizio di via Indipendenza. Il tragitto della sacra statua, malauguratamente, passa ogni anno proprio sotto lo sguardo del Nettuno.
Poco dopo che il tizio è salito sulla statua, sedendosi sulle sue spalle e stringendo le gambe attorno al collo del dio, la musica sacra ha iniziato a diffondersi dagli altoparlanti della piazza, invitando la popolazione al raccoglimento. La Madonna, dentro un baldacchino ornato di fiori e di broccati, appare all'imboccatura di via d'Azeglio e fa il suo ingresso nella piazza, scortata da centinaia di tonache in rappresentanza delle innumerevoli chiese cittadine. A passo cadenzato, la sua marcia procede e tutta la parata sfila, come in una specie di performance surreale, sotto i piedi penzolanti del matto appeso al Nettuno. Tra le migliaia di persone radunate nel flusso, solo i bambini seduti sulle spalle dei genitori si chiedono esplicitamente che succede. Forse riconoscono in quel pazzo, anch'egli seduto su imponenti spalle, un po' di sé.
Il presidio rimane ammutolito. Inutile negare che un po' di sconforto, di fronte a tanta follia colletiva, attraversa gli animi. L'unica certezza che riesce a emergere dallo sbigottimento è questo mantra bifronte, dove i pazzi sono sia coloro che lo pronunciano, sia coloro a cui è indirizzato: i pazzi siete voi.
prendo dal sito treccani, il termine pazzo (http://www.treccani.it/vocabolario/pazzo/) e:
RispondiElimina1- Malato di mente; è, come pazzia, termine generico e non tecnico, e ha come sinon. (molto più com.) matto, con cui in alcune frasi e locuz. si può scambiare, mentre in altre è preferita o l’una o l’altra parola:
1A) a chi fa stranezze, o agisce avventatamente, o mostra comunque poco senno in ciò che fa o dice
1B) esclam. di stupore sdegnoso di fronte a cose che sembrano insensate, assurde o anche degne di riprovazione
2- Per estens., di chi è o sembra fuori di sé
3- Degno di un pazzo (di solito con valore estens.): ogni gesto che dalla gente comune e sobria viene considerato p. coinvolge il mistero di una inaudita sofferenza che non è stata colta dagli uomini (Alda Merini)
direi che col punto 3 si sia detto tutto!!!