Torna la rubrica culinaria del lunedì, uscita con svariati lividi e i gomiti sbucciati da un duro corpo a corpo con le mie incombenze di vita e di lavoro. Soprattutto di lavoro.
Ed è per questo, per sfuggire a queste insipide giornate che sanno di
retroilluminazione, tastiera, detersivo per piatti e mozzarella già
pretagliata a strisce, che scrivo questa ricetta mantecata nella nostalgia e nell'umore più neri. Una ricetta inventata in un pomeriggio di primavera, quando io e il
boyfriend potevamo andare a passeggiare nei parchi fuori Bologna
dimenticandoci di guardare l'ora, e poi tornare a casa e metterci a cucinare per noi. Durante quelle incursioni nell'aria buona, spesso e volentieri ne
approfittavamo per procurarci una mangiata un po' ladra, trafugata alle erbe appena riemerse dal freddo humus invernale.
Risotto al praticelloSe vi state
giustappunto
apparecchiando una favolosa passeggiata campestre - beati voi - e leggete questa ricetta con lo zaino già in spalla, prima di tutto riaprite lo zaino e infilateci dentro un paio di guanti. La base di questa ricetta è infatti una
gustosissima erba che però è anche nota per arrossare i polpacci dei camminatori imprudenti o le terga di chi, ancora più imprudente, si è abbandonato a un distratto
pit-stop nella boscaglia. Parlo ovviamente dell'ortica, quell'erbaccia tanto buona negli shampoo anti-forfora quanto pruriginosa e infestante.
Per
raccoglierla vi serviranno, appunto, braghe lunghe e guanti. Poi, vi
occorreranno una buona dose di sale in zucca e un po' di intuito igienico: assai
sconsigliabile è raccogliere l'ortica nei fossati ai lati delle strade trafficate, quelle dove passano auto sfiatanti polveri sottili o dove i cinofili amano
accompagnare i loro amici a
quattro zampe per fare i bisogni. Cercate, quindi, luoghi che sappiano di pulito e che non vi ricordino
eccessivamente dell'esistenza infausta delle grandi folle umane (e canine).
Una volta trovato un angolo di pruno che vi faccia venire l'acquolina in bocca, dedicatevi alla raccolta. Dovete prendere solo le foglioline in cima alla pianta, quelle piccole e
tenerelle che la primavera ha appena fatto germogliare. Il vostro ladrocinio sarà tanto più nobile e giusto quanto più preserverà la colonia di ortiche che avete preso di mira dall'estinzione.
Se il risotto si fermasse qui lo si potrebbe intitolare risotto al fossato, o risotto all'irritazione cutanea, ma non è così. Altro ingrediente
fondamentale e che cresce con abbondanza in questa stagione è l'erba
cipollina, una varietà (credo) di aglio selvatico che in primavera e autunno con i suoi fusti tinge i prati di una sfumatura azzurra e li rende
particolarmente stuzzicanti per cinghiali e persone dai gusti decisi. Se avete gusti davvero decisi potete cercare zolle di terreno non troppo compatto ed estrarre i bulbi
agliosi della pianta, invece di limitarvi a strappare un mazzetto di foglie. Qualora siate
particolarmente fortunati o desiderosi di scarpinare nei boschi, potete procurarvi anche dell'asparagina, che fa dono dei suoi frutti ai
trafugatori attenti proprio in questa stagione e che renderà il vostro risotto ancora più ricco e verde.
Alla fine, dopo un pomeriggio di affannose
perlustrazioni -
intervallate da lunghissime pause di
svacco orizzontale con la pancia rivolta al sole di marzo - dovreste aver rubato alla natura sufficienti primizie da condire un risotto di coppia o condiviso con pochi amici intimi. Una volta tornati nella triste città dovrete lavare il tutto con cura (sempre coi guanti!), mettere a bollire un rapido brodo vegetale e quindi far soffriggere le ortiche e, se li avete, gli
aglietti. Fate quindi tostare il risotto, coprite di brodo, aggiungete l'erba
cipollina (ma lasciatene qualche ciuffo da aggiungere a crudo) e gli eventuali asparagi e portate a cottura. Spero sarete contenti di aver sacrificato una generazione di vegetali ancora in fasce per soddisfare il vostro palato e per poter raccontare agli amici che voi potreste campare
tranquillamente anche senza il denaro. Spero che siate contenti davvero. Io vi invidio con tutto il mio cuore.
E siccome oltre che invidia provo anche tanta nostalgia, posto questo scorcio verde della
Langa lontana.