mercoledì 9 novembre 2011

La brutta aria

La pizzeria in cui lavoro è più esemplificativa, come Italia in miniatura, di qualunque parco a tema: c'è il capo ex-militante antisistema e ora sfruttatore feroce, ci sono i licenziamenti, c'è il sessismo, ci sono i clandestini e c'è anche l'evasione fiscale. C'è lo stipendio da fame, ci sono i diritti e i doveri detti a voce inter nos, c'è il caos e l'arrangiarsi giorno per giorno e però dai, cazzo, che qui si mangia come da nessun altra parte.

Ebbene, in questo piccolo mondo la scossa degli spread a 575 punti, del tetro ritrarsi di ogni parvenza di democrazia, dei rendimenti che già gli strozzini globali hanno messo da parte la benzina per darti fuoco alla macchina, s'è sentita eccome. Ieri sera e stamattina il telefono ha squillato appena per qualche ordine dietetico, in due momenti della settimana da mesi sempre ruggenti. I clienti più danarosi - grossi uffici occupati da compagnie finanziarie e assicurazioni - hanno pranzato in bianco, senza andare minimamente a scalfire le nostre scorte di sughi e primi fastosi. In cucina, invece del rumore secco delle padelle, si udivano suoni fruscianti di pulizia e voglia di smobilitazione. Il capo, in uno dei suoi consueti sproloqui politico-gastronomici, si è persino messo a blaterare di anticapitalismo e a sfanculare la Marcegaglia, che il baratro lei lo vede forse in fotografia.

Insomma, io non lo so se la due giorni più sfigata della mia carriera di cassiera, caduta proprio nel momento in cui più si fanno scure le ombre sul futuro del paese, sia solo una coincidenza. Fatto sta che nella piccola Italia di questa scalcinata pizzeria di Bologna tira una brutta, bruttissima aria.


Qui un interessante schema che spiega quali sono i paesi più esposti nei confronti del debito italiano e, quindi, quelli più interessati a prolungare ad libitum la nostra agonia finanziaria.

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