sabato 26 novembre 2011

Chi ha paura dei poveri?

Nei momenti di crisi la distanza che ci separa dalla miseria, quell'elastico che tendiamo con tutte le nostre forze puntando i piedi sul terreno, si accorcia notevolmente. L'elastico di colpo si fa più spesso e robusto, e difficile da tirare. Ci sentiamo trascinare, scaviamo solchi nel terreno con i talloni, e andiamo nel panico quando della tanto temuta povertà, che fino a quel momento riuscivamo a tenere d'occhio da lontano, iniziamo a scorgere gli orrendi dettagli.

Ed ecco allora che tutto ciò che riesce a darci l'illusione di esserne ancora distanti ci consola, e iniziamo a provare una grande gratitudine per quegli omini in pettorina gialla che ci aspettano alla cassa del supermercato, chidendoci di donare un pacco di biscotti o un barattolo di passata. Tra noi e il povero, il barbone, il lavoratore decaduto, il disoccupato cronico, il pensionato ridotto alla fame, ora ci sono loro, con le loro facce buone e i loro scatoloni ricolmi di ricchezza.

Niente scava più distanza tra la ricchezza e la povertà della beneficenza, ma la beneficenza fatta per interposta persona, mica quella dei cinque euro messi in mano al Senegalese che vende i libri per strada: quello ti viene tanto vicino che puoi vedere le sue labbra spaccate, i suoi occhi stanchi, i suoi denti rosi dalla carie. E ti vengono i brividi, perché lo sai di avere un dente cariato pure tu, ma per andare dal dentista hai deciso di aspettare tempi migliori. Prende il tuo stesso treno, il Senegalese, perché come te abita fuori città, dove l'affitto costa meno. Nei giorni feriali avete più o meno lo stesso odore. Certe mattine daresti una mano per non incontrarlo mai più. Daresti un pacco di biscotti al giorno, per tutta la vita, per non incontrarlo mai più.

Dedicato a tutti coloro che oggi, giornata nazionale della colletta alimentare, se la sono presa con i Wu Ming pur di non ammettere che l'evento sia organizzato da CL e che non sia, quindi, pura emanazione della bontà sociale, cui affidare ciecamente la propria offerta apotropaica. Immagino facciate parte dell'85% di italiani che si dicono spaventati dal futuro. Ne faccio parte anch'io, in pieno. Ho anche paura dell'aereo, degli incendi, dei botti di capodanno, dell'autostrada e se sono da sola a casa anche il buio mi inquieta un po'. Ma la paura dei poveri è troppo vigliacca persino per me.

3 commenti:

  1. (Acci! Io sono stata per diversi anni una delle facce buone con le buste in mano, mi stai a demolì.... :))

    Dove abito io ci sono molti signori ben vestiti e ben mangianti. Dove abito io noi siamo tutti benpensanti, beviamo il chianti e non abbiamo paura del povero e amiamo il prossimo. Dove abito io noi doniamo sempre il sangue almeno una volta all'anno, alla misericordia, a volte anche all'oratorio. Noi mettiamo sempre "parteciperò" su facebook quando ci sono le donazioni di sangue all'oratorio.

    Dove abito io noi odiamo Berlusconi e anche Bossi e siamo gente di sinistra. Una volta è venuto un inviato di Porta a Porta a fare le interviste perché tanto siamo di sinistra da essere il comune con la più alta percentuale di voti al PD, e pensa che alle 11 nell'edicola in borgo non trovi più una copia dell'unità.
    Noi siamo gente veramente per bene. Sappiamo di stare mediamente meglio di altri e abbiamo preso molto seriamente quel passo del Vangelo in cui Gesù dice che i ricchi faranno un sacco fatica a conquistare il regno dei cieli, e noi ci proviamo con quello che ci possiamo concedere.

    Dove abito io c'è una grande coop molto pulita tanto grande da sembrare una ipercoop, ma è solo una coop e ci sono solo le offerte della coop non dell'ipercoop il che è veramente un peccato.

    Davanti alla coop oggi c'era un sacco di bella gente dalle facce pulite con un sacco di buste e un sacco di persone una volta fatta la spesa si fermava e lasciava la sua busta per "il povero".

    Davanti alla coop c'è sempre anche un ragazzo che fa l'elemosina, non mi sembra di ricordare di qualcuno che fa la spesa e gli lascia un pezzo di pane. Perché noi sappiamo qui che non lo aiutiamo affatto così.

    Detto ciò, a parte lo sfogo borghese, mi lascia un po' perplessa per quanto mi affascini molto questo tuo discorso del senegalese. Cioè: non capisco. Il fatto di vedere, e fare esperienza concretamente,(io che compio atto di beneficenza donando i miei 5 euri) della povertà che vado ad "aiutare" mi dovrebbe spingere ad una consapevolezza maggiore? O entro in uno stato di empatia?

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  2. Ciao Fatjona! Il punto non è che ci si guadagnerebbe a dare i soldi direttamente in mano ai poveri, ma che ci si guadagna a non darglieli in mano, ma a darli comunque, a darli per interposta persona. Ieri un tweet dei Wu Ming, tra l'altro non particolarmente polemico, è bastato a scatenare un casino in difesa del Banco Alimentare. Perché, dal momento che non fa niente di particolare. Comprando un pacco di biscotti e dandoli in mano a un barbone si otterrebbe lo stesso risultato. Perché dandoli attraverso quella modalità si ha la sensazione di allontanarsi dal rischio della povertà, che c'è sempre, specialmente di questi tempi.

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  3. Ah comunque è veramente bello e tagliente il ritratto che dai del tuo milieu :D

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