mercoledì 30 novembre 2011

Precariato e influenza

Capita a tutti, precarie e precari compresi, di beccarsi l'influenza ogni tanto. Tuttavia, persino una cosa così semplice e che rientra nell'ordine dell'assai probabile, nel mondo in cui vige la legge del precariato diventa piuttosto complicata. Ecco alcuni esempi.

Se avete un contratto a progetto, può capitare che il vostro datore di lavoro sia uno di quei padroni di buon cuore, che vi tiene a progetto perché - dice lui - non è che può fare altrimenti, con i tempi che corrono. Allora non se la prenderà se non vi recate al lavoro per un giorno o due, e non vi decurterà l'assenza dal già magrissimo mensile. Piuttosto, utilizzerà la sua generosa concessione come un argomento per dimostrare che ok, sei a progetto, però è come se ce le avessi le tutele, è solo che così paghiamo meno tasse, però vedi che poi la malattia, per esempio, ce l'hai. Codesti padroni di solito non assumono donne perché hanno il problema che restano incinte, e vi preferiscono anche se non siete del sud, non tanto per razzismo quanto per il fatto che più è lontana la vostra famiglia e più potrebbe venirvi la voglia di chiedere le ferie.

Se siete dei freelance e lavorate principalmente da casa, della vostra influenza non importerà niente a nessuno. Farete le vostre consuete ore di lavoro - magari dodici - dal letto, sotto le coperte. E' il brutto di essere autonomi, vi diranno i vostri clienti, però vuoi mettere la libertà.

Se siete dei portapizze, magari pakistani, andrete al lavoro lo stesso. Un paio di giorni di assenza, con la concorrenza che c'è, possono costarvi il posto e così, nonostante il lavoro che fate vi porti ad ammalarvi anche più degli altri precari, passerete come al solito la giornata a cavallo di un motorino, con l'aria fredda che vi taglia gli occhi e le guance. Butterete giù una tazza di té al cardamomo sperando che vi preservi dalla polmonite che, tra le sigarette e il lavoro, non smette un attimo, per tutto l'inverno, di seguire i vostri passi.

Se invece siete pagate ad ore e per di più in nero, vi farete un sacco di paranoie. Dopo una buona mezz'ora di titubanza, chiamerete il vostro capo e, nella nebbia della febbre, scambierete il suo "Non preoccuparti, ce la facciamo" per una formula di licenziamento. Passerete tutta la mattina a implorare un'entità qualunque affinché ingolfi il telefono di chiamate, faccia andare il tilt la cassa e magari renda anche i colleghi improvvisamente muti e alieni alla lingua italiana. Qualunque cosa riesca nell'intento di far capire al capo che voi, ancorché generiche e superprecarie, servite.

Se invece vi trovate nella condizione di non avere neanche uno straccio di lavoro, nemmeno la partita IVA, neanche un rimborso spese simbolico, l'influenza rappresenterà per voi una magnifica occasione di vacanza. Finalmente potrete passare una giornata a leggere, a scrivere o a fare quello che vi pare - almeno negli intervalli tra un pisolino febbricitante e l'altro - invece che trascorrere il vostro tempo tra interinali, colloqui più o meno fittizi, trame relazionali che potrebbero, forse un giorno, materializzarsi in una vaga possibilità di collaborazione occasionale. Ve la godrete, l'influenza, come quella tregua che cercate da tanto, come il poter riposare senza sensi di colpa, senza il dubbio, martellante, di essere causa del vostro stesso male.

In ogni caso, sia che abbiate accolto con favore o meno l'influenza, sappiate che forse ve la siete presa da un portapizze che ha starnutito sul vostro pranzo.

12 commenti:

  1. Il frilens che lavora 12 ore al giorno è ricchissimo

    RispondiElimina
  2. ok, immagino che tu sia ironico. oppure c'è qualcuno che ruba i soldi a me e ai miei amici freelance nel momento in cui lo stipendio sta viaggiando dal datore di lavoro al nostro conto in banca.

    RispondiElimina
  3. Se uno lavora 12 ore al giorno (senza dispersioni con cagate tipo feisbuc, tuitter...) deve guadagnare moltissimo, altrimenti è meglio non lavorare ;-) Va anche detto che ci meritiamo tutto, mai dimenticarselo.

    RispondiElimina
  4. quando ti si accavallano tre o quattro lavori diversi finisci per lavorare 12 ore al giorno eccome,e non diventi ricco te l'assicuro...ma lo fai perché se perdi un cliente è un casino e di lavorare chissà quando ti ricapita.il più delle volte nel mondo del web, dell'editoria o del giornalismo chi lavora ai livelli più bassi lo fa per cifre davvero infime, in nome di una gavetta che poi chi lo sa se e quando finisce.e per campare devi fare molti lavori contemporaneamente,da cui le 12 ore.se lavoriamo in questo modo lo stesso ce lo meritiamo?sì boh sai io sono di quelli che pensano che il problema sia il capitalismo.

    RispondiElimina
  5. per chi è freelance, il problema è che se io fatturo, poniamo, 2.000 euro al mese, alla fine me ne restano mille puliti più o meno. ovviamente non divento ricco. e non è detto che li fatturi tutti i mesi, per di più. inoltre, tra analisi e preventivi, solleciti per i pagamenti e lavoro effettivo, le ore lavorate sono tante, magari non sempre 12, a volte anche solo sette, otto. e i social network possono essere pure parte del lavoro (chiaramente non tutto, eh), perché se con quelli ci lavori, alla fine il tempo ce lo devi passare sopra. come distrazione uno può pure guardarsi i simpson o portare a spasso il cane (se ce l'ha/se se lo può permettere, così come un figlio). per non parlare di ferie/malattia/diritti/pensione/contributi... ci meritiamo tutto, ma forse possiamo anche trovare il modo di fare altrimenti...

    RispondiElimina
  6. Mi complimento per il tuo blog che tratta argomenti di grande importanza sociale, economica e individuale.
    Grazie e a presto!
    Lara

    RispondiElimina
  7. Mi sono ammalata molte volte e, essendo una free lance, non ho avuto nessun tipo di aiuto da nessun tipo di struttura o impresa o redazione. Mi sono pagate le medicine e ho lavorato anche con la febbre per portare avanti gli articoli e gli impegni presi. Ci sono i pro e i contro di questo tipo di precariato. La libertà ha una doppia faccia.

    RispondiElimina
  8. Ciao Carolina!
    il fatto è che questi contro sono accettabili finché si ha una salute di ferro e non si hanno in programma dei bambini.se ci si ammala sul serio,che si fa?se si rimane incinte, che si fa?
    diciamolo:il precariato della partita IVA, quello freelance che più freelance non si può, è una fregatura nel 99% dei casi.A meno che non sei una professionalità ricercatissima,è una fregatura.ce lo spacciano come "libertà" ma in realtà è solo avere un padrone che sta un po' più lontano e che è autorizzato a trattarti come un dipendente senza avere nessuno degli obblighi del datore di lavoro.i vantaggi di questa lontananza,in media, vanno molto più a lui che a te.revelli(mi pare che sia lui)dice che il mondo del lavoro sta diventando sempre più informale,come è già nei paesi cosiddetti poveri.il precariato della partita IVA, sotto la sua patina di "libertà","indipendenza","autoimprenditorialità" è proprio questo.

    RispondiElimina
  9. Non ho partita IVA, non posso permettermelo, i costi sono troppo alti e i miei guadagni da free lance ancora troppo bassi per poterci stare "comoda". Hai mai letto il libro "Vita da free lance"? Te lo consiglio. E' illuminante, secondo me.

    RispondiElimina
  10. Non l'ho mai letto ma conosco il lavoro di Dario Banfi. E' una delle mie prossime letture,sicuramente. Tu conosci l'Acta? Che ne pensi?

    RispondiElimina
  11. ritorno a commentare, un po' perché ho letto Vita da freelance (Adrianaaaa, se vuoi te lo presto! ;) e sono socio Acta (da un mesetto circa). Acta sta facendo qualcosa di molto importante, anche se bisogna vedere che risposta avrà dai vari governi. La premessa è che il mondo del lavoro è cambiato (in tantissimi aspetti, non solo sulla questione contrattuale) e continuare a mantenere come standard l'idea del posto fisso a vita è anacronistico e non risolve il problema. Serve un nuovo sistema di diritti universali che superi la differenza che c'è ora tra tutelati e non. Contributi, tasse, compensi, malattia ecc.: Acta lavora perché questo cose siano estese a tutti e perché si pensi al mondo del lavoro del terzo millennio e non a quello del passato. Ci sono anche proposte concrete che Acta ha già fatto al governo Monti.
    Io credo di preferire il lavoro da freelance (a volte qualche dubbio ce l'ho, eh), perché se è davvero da freelance garantisce libertà e autonomia, gestione del tempo e dei clienti. Ovviamente i monocommittenti che sono tenuti a orari d'ufficio e magari anche alla presenza sono un'altra cosa: questo sì che è solo esternalizzazione di costi e rischi.
    Sulla reale possibilità di costruire un sistema del lavoro decente in Italia sono ancora molto pessimista: basta vedere quanto sono tutelati i clienti che non pagano rispetto al professionista che esige il pagamento...

    RispondiElimina